Allevare l’idea del ritorno può rivelarsi il più tragico degli errori.
Il protagonista del romanzo è un cinquantenne che torna a Udine, sua città natale, insieme alla compagna e al loro cane, poco dopo aver perso l’impiego nel mondo editoriale, per nulla dorato. La sua famiglia era arrivata nel Nord-Est al seguito del padre militare, di stanza in una delle caserme poste a ridosso della “cortina di ferro” durante la Guerra Fredda, una Fortezza Bastiani che ormai non ha più Tartari o altri barbari da aspettare. Inseguendo i suoi ricordi – memorabili quelli delle scorribande di quartiere comuni allo storico gruppo di amici ritrovati – torna al caseggiato dove abitava da ragazzo, ormai disabitato. Mentre la relazione con la compagna si logora, inizia a entrare di nascosto nella palazzina finendo per rinchiudersi nell’appartamento che molti anni prima era stato della sua famiglia. Il sinistro palazzo, infestato di presenze e rumori immaginati o temuti, funziona come una straordinaria macchina della memoria che stravolge percezioni e volontà e altera il corso del tempo, compreso quello della narrazione, mentre anche il mondo esterno sembra in balia di un evento che investe subdolamente la vita di tutti.
Stracci e ossa è un fiume in piena di parole che travolgono il lettore con la loro forza viva e sincera, e un romanzo che racconta l’impossibilità di ogni ritorno, insieme al bisogno vitale di ricordare, per trovare qualcosa di quel che siamo anche se non abbiamo più radici.